Sono i due focus inseriti nella mostra che approfondiscono e spiegano il tema. Da una parte la presentazione di un gruppo di opere di Elin Danielson, la pittrice nata in Finlandia e arrivata in Italia per studiare disegno, che condivise con Gambogi vita privata e professionale dando avvio ad una continua e reciproca contaminazione artistica che durerà fino alla morte di lei; dall’altra quello sull’arte come forma di cura, il fil rouge della storia personale del pittore, più volte ricoverato in manicomio per malesseri psichici. Lo studio delle cartelle cliniche redatte nell’ex Frenocomio di San Girolamo di Volterra spiegano alcuni scenari etnografici presenti nei quadri ed estendono la ricerca oltre Gambogi stesso, seguendo il legame tra caratteristiche umane e mondo artistico, tra approccio all’arte come forma di cura ed espressione artistica come “rivelazione” della propria sofferenza. Il percorso espositivo costituito da un totale di 34 opere si inserisce perfettamente al primo piano della struttura museale, dialogando in modo coerente con la collezione dei dipinti di Giovanni Fattori e del gruppo artistico dei Macchiaioli e postmacchioli che operarono in Toscana tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. La mostra nasce infatti a seguito della partecipazione della cooperativa al bando “Interventi per l’arte e la cultura 2023” indetto da Fondazione Livorno e finalizzato a promuovere l’approfondimento di luoghi significativi per la storia e l’identità culturale del territorio con iniziative nel segno dell’innovazione e nel rispetto delle tradizioni locali. Non solo, dunque, progetto espositivo ma un’occasione per la valorizzazione culturale locale. Così l’analisi critica sull’arte e sulle relazioni sociali è accompagnata dallo studio del contesto territoriale in cui esse si svolsero: Torre del Lago, dove Gambogi visse il goliardico convitto con i pittori del Club la Bohème, Volterra, dove soggiornò più volte per curare la sua psicosi, ma soprattutto Antignano, il luogo dell’anima del pittore, dove nacque e dove tornò ad abitare anche dopo sposato. All’epoca piccola frazione di Livorno, il suo fascino torna ripetutamente durante tutta la sua produzione: nei bracconieri con i fucili in pugno, nei luccichii del mare, nelle tamerici mosse dal libeccio, nelle stradine che si articolano tra i rosmarini e le ginestre. La mostra è organizzata da Coop. Itinera in collaborazione con il Comune di Livorno.
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